venerdì 23 maggio 2008

GUERRA

1. NOZIONE. — Ogni diritto è coercibile. Perciò ogni Stato ha il diritto di usare la forza fisica necessaria per soste­nere (difendere, ottenere la riparazione dopo la violazione compiuta) i propri di­ritti nei confronti di altri Stati. E siccome non si è ancora riusciti ad avere una istanza superiore a tutti gli Stati del mondo, con una autorità alla quale tutti si sottomet­tano e con una forza fisica talmente supe­riore a quella dei singoli Stati da costrin­gerli facilmente ad osservare ciò che essa dichiara giusto, questo diritto di coerci­bilità non può essere esercitato se non di­rettamente dagli Stati stessi, per sostenere i propri diritti contro i violatori. L’uso di questo diritto chiamiamo la guerra.
Ne segue che di per sé la guerra non è con­tro la morale. È un atto di giustizia, pro­prio come la difesa del diritto e la puni­zione del delinquente.
Però, perché la guerra sia giusta in un caso concreto, è richiesto che si verifichino al­cune condizioni. Esiste dunque una morale della guerra che qui deve essere illustrata.

2. ERRORI CIRCA LA GUERRA — Notiamo innanzitutto che è un grave errore, predicato dai fautori del totalitarismo statale, che la guerra sia una cosa necessaria per lo sviluppo nor­male della vita umana. La guerra è necessaria soltanto quando altri commettono ingiurie e non si trovano altri mezzi per rimediare a questo male. Siccome l’ingiuria non è una cosa necessaria ed inevitabile, così non lo è neanche la guerra. Se però un popolo non intende rispettare i diritti di altri popoli, e a comprimerne le violazioni gravi non ba­stano più atti di ritorsione, allora la guerra è lecita, essendo essa in un tal caso l’unico mezzo per far rispettare il diritto.
Un grande sbaglio commettono i pacifisti esagerati (antimilitaristi, ecc.), che, come quelli dell’ultimo mezzo secolo, vogliono abolire la guerra, dichiarandola sempre illecita, sopprimere gli eserciti, e gli armamenti, senza tener conto della necessità di far ri­spettare il diritto. Bisogna cercare di eli­minare dalla vita dei popoli la guerra nello stesso modo che bisogna abolire il carcere cioè rendendoli superflui, sia perché sono sostituiti da altri mezzi per salvaguardare l’ordine giuridico, sia perché gli uomini sono divenuti così buoni che non violano più i diritti altrui e non commettono più delitti che devono essere puniti con il car­cere. Del resto, dalla Bibbia, dalla Tradi­zione e da alcuni documenti del magistero della Chiesa risulta senza dubbio che un cattolico non può ritenere che la guerra come tale è contro la legge di Dio e cattiva in se stessa.
Per proporre bene la morale della guerra bi­sogna considerare la guerra atto di una persona (un principe, un governo, un popolo). Ad una guerra prende parte più di una persona, si capisce, ma la morale non tratta se non dell’atto individuale. La guerra come cosa di più popoli, l’uno contro l’altro, può essere buona e cattiva nello stesso tempo, pro­prio perché è un atto del popolo A e un atto del popolo B. Ed ogni atto ha la sua propria moralità. La questione morale deve essere proposta così; che cosa si richiede affinché un tale atto di un dato popolo o governo, quale è fare la guerra contro uno o più altri popoli, sia un atto moralmente buono?

3. DOTTRINA CATTOLICA — La dottrina cattolica riguardo alla guerra è molto antica e veneranda. È ottimamente proposta da Sant’Agostino e chiaramente elaborata da San Tommaso. Affinché sia lecita la guerra, è ri­chiesto: a) che sia fatta dalla persona che legittimamente ha la suprema autorità nello Stato; b) che non sia fatta per motivi per­sonali cattivi (vendetta, conquiste, ambi­zioni, ecc.) ma, c) per salvaguardare i pro­pri diritti contro il popolo che li viola o li ha violati, senza voler dare soddisfazione. Lo scopo della guerra, moralmente buona, è il mantenimento della giustizia e quindi la pace. Sembra contraddizione dire che lo scopo della guerra è la pace. Non lo è per l’uomo che sa, che non colui che dichiara la guerra disturba la pace, ma colui che ha commesso la violazione dell’ordine giuridico e così ha reso necessario che l’altro dichiari la guerra. La pace è basata sulla giustizia. Chi sconvolge la base, sconvolge l’edificio che poggia su di essa.
Queste condizioni sono le condizioni mo­rali proprie della guerra; e perciò sono contem­plate nel trattato speciale della moralità della guerra. Ci sono altre condizioni da osser­vare, le quali però sono condizioni generali richieste per qualsiasi operazione umana e specialmente per quelle che recano di per sé gravi danni. La principale condizione che qui deve essere considerata è che, es­sendo la guerra un mezzo che causa gravissimi danni a tutti i popoli che vi prendono parte e spesso anche, specialmente oggi, ad altri terzi, essa non è lecita se non per motivi gravissimi. Le persone che comin­ciano una guerra, d’altronde giusta, hanno una grandissima responsabilità, dovendo giusti­ficare i danni che ne seguono anche per i propri sudditi: propri soldati uccisi o mu­tilati o prigionieri, famiglie rovinate, città e paesi distrutti, ecc.
Mentre un certo numero di uomini, spe­cialmente nei paesi protestanti, hanno pro­pagato la dottrina che la guerra è per se stessa contro la legge di Dio (non ucciderai) e contro il Vangelo; altri, anche cattolici, hanno cominciato ad asserire che la guerra mo­derna causa danni tanto enormi, che adesso la guerra non può essere mai giustificata, neanche come mezzo per difendere qualsiasi bene o diritto.
Dopo l’ultima guerra mondiale siamo più che mai convinti della enormità dei danni che reca la guerra moderna; alla guerra batteriologica e chimica, è seguita la guerra atomica. Però, proprio l’ultima guerra ha provato che ci sono dei beni che — secondo il giudizio dei buoni ed onesti e secondo il senso comune dei popoli — sono di tanto valore che meritano di essere difesi anche a costo degli orrori e danni della guerra moderna. Più che terribili sono state in molti paesi le sofferenze ed i danni subiti da tanti uomini pacifici, spe­cialmente dalle mogli, dalle madri, dai bambini, e nondimeno praticamente tutti, pro­prio mentre soffrivano tanti mali, non vo­levano altro che continuare la lotta per i beni ideali da salvaguardare: religione, li­bertà ecc. Mai la dottrina teorica degli iper­pacifisti è così chiaramente dimostrata falsa come durante la guerra. La dottrina falsa è fon­data nella mancanza di senso della realtà. In tempo di pace i fautori dell’errore non guardano i valori grandi e sublimi che il popolo ha da salvaguardare; mentre al con­trario mettono in piena luce soltanto gli orrori della guerra. Basta che la realtà si faccia sentire e le dottrine false sono subito se­polte, finché, passata la guerra ed allontanato il pericolo prossimo di perdere i detti beni, si dà di nuovo vita alle fallaci teorie. In alcuni paesi abbiamo visto ripetersi questa triste commedia già tre o quattro volte. Molti socialisti furono antimilitaristi estremi fino al momento in cui i loro nemici, i na­zisti, cominciarono ad essere forti.
Con ciò non si deve dire che la guerra è di fatto facilmente da giustificare. Anzi la dot­trina cattolica è che la guerra (e questo vale anche della guerra moderna) può essere giusti­ficata. Ma è anche dottrina cattolica che i popoli e i governanti debbano fare tutto il possibile, compresi gravi sacrifici, per evi­tare ogni guerra. Adesso siamo più che mai lontani dalla situazione richiesta per elimi­nare la guerra. Sono condizioni indispensabili a questo scopo: la reciproca fiducia, il sin­cero rispetto per la giustizia e i diritti di tutti i popoli anche i più piccoli e deboli, il rispetto per la parola data e per i trattati conclusi; fede, amore e salutare timore di Dio. Non basta la migliore volontà di evi­tare la guerra, quando il pericolo è prossimo. Bisogna educare i popoli ad una vita na­zionale ed internazionale, che renda inu­tile la guerra.

4. DIRITTO INTERNAZIONALE SULLA GUERRA — La morale insegna anche che nella guerra, giusta­mente dichiarata, non tutto è lecito per vin­cere o vincere più presto. Anche i bellige­ranti di ogni grado hanno l’obbligo severo di non recare a qualsiasi persona, anche al nemico, danni inutili. Inoltre mai è lecito uccidere o mutilare persone non colpevoli; p. es., per punire un delitto, commesso da persone sconosciute, o per spaventare la po­polazione di un paese nemico e, tenerla calma. C’è anche l’obbligo di rendere meno dannosa e crudele la guerra, creando per mezzo di trattati internazionali un diritto della guerra sul trattamento dei feriti, prigionieri, per­sone civili, sull’uso di certe armi (p. es. i gas, la bomba atomica) e così via.
L’esperienza, però, ha provato che tutti questi trattati e queste misure perdono molto del loro valore e della loro efficacia, quando non tutti i popoli e governanti hanno lo stesso sentimento morale riguardo al ri­spetto per il diritto. Il rispetto, però, per il diritto non può essere grande dove non c’è la fede soprannaturale in Dio, supremo legislatore e supremo vindice delle ingiurie commesse dagli individui e dai popoli. Nes­suno ha lottato più fortemente, esortando, insegnando, anche indicando i mezzi effi­caci, contro la guerra quanto gli ultimi Papi, senza però mai insegnare che ogni guerra è sempre contro la morale. La Chiesa è co­lonna della verità e sa che l’errore è un mezzo immorale, ma anche inefficace.


P. Ludovico Bender, O. P.
Professore nella Facoltà giuridica del pontificio Ateneo Angelicum di Roma


BIBLIOGRAFIA — L. TAPARELLI, Saggio teoretico di diritto naturale, II4, Roma 1928, p. 176-190; G. GONELLA, Presupposti di un ordine interna­zionale, Città del Vaticano 1942.

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